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Io lavoro al bar d'un albergo a ore,
porto su il caffè a chi fa l'amore. Vanno su e giù, coppie tutte eguali, non le vedo più, meanche con gli occhiali. Ma sono rimasto lì come un cretino, vedendo quei due arrivare un mattino, puliti, educati, sembravano finti, sembravano proprio due santi dipinti. M'han chiesto una stanza, gli ho fatto vedere la meno schifosa, la numero tre. E ho messo nel letto i lenzuoli puliti, poi, come San Pietro, gli ho dato le chiavi, gli ho dato le chiavi di quel paradiso e ho chiuso la porta, sul loro sorriso. Io lavoro al bar d'un albergo a ore, porto su il caffè a chi fa l'amore. Vanno su e giù coppie sempre eguali, non le vedo più, meanche con gli occhiali. Ma sono rimasto lì, lì come un cretino, aprendo la porta, in quel grigio mattino, se n'erano andati, in silenzio perfetto, lasciando soltanto, solo due corpi nel letto. Lo so, lo so che non c'entro, però non è giusto, morire a vent'anni e poi, e poi proprio qui. Me li hanno incartati in bianchi lenzuoli e l'ultimo viaggio l'han fatto da soli, né fiori, né gente, soltanto un furgone, ma là dove vanno, staranno benone. Io lavoro al bar d'un albergo a ore, porto su il caffè a chi fa l'amore. lo sarò un cretino, ma chissà, chissà perché, non mi va di dare a nessuno la chiave del numero tre. |
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